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Ovidio


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autore
brano
 
Apuleio
Della magia, 48
 
originale
 
[48] Mulierem etiam liberam perductam ad me domum dixistis eiusdem Thalli ualetudinis, quam ego pollicitus sim curaturum, eam quoque a me incantatam corruisse. ut uideo, uos palaestritam, non magum accusatum uenistis: ita omnis qui me accessere dicitis cecidisse. negauit tamen quaerente te, Maxime, Themison medicus, a quo mulier ad inspiciendum perducta est, quicquam ultra passam nisi quaesisse me, ecquid illi aures obtinnirent et utra earum magis; ubi responderit dexteram sibi aurem nimis inquietam, confestim discessisse. hic ego, Maxime, quanquam sedulo inpraesentiarum a laudibus tuis tempero, necubi tibi ob causam istam uidear blanditus, tamen sollertiam tuam in percontando nequeo quin laudem. dudum enim, cum haec agitarentur et illi incantatam mulierem dicerent, medicus qui adfuerat abnueret, quaesisti tu nimis quam prudenter, quod mihi emolumentum fuerit incantandi. responderunt: 'ut mulier rueret'. 'quid deinde? mortua est?' inquis. negarunt. 'quid ergo dicitis? quod Apulei commodum, si ruisset?' ita enim pulchre ac perseueranter tertio quaesisti, ut qui scires omnium factorum rationes diligentius examinandas ac saepius causas quaeri, facta concedi, eoque etiam patronos litigatorum causidicos nominari, quod cur quaeque facta sint expediant. ceterum negare factum facilis res est et nullo patrono indiget: recte factum uel perperam docere, id uero multo arduum et difficile est. frustra igitur an factum sit anquiritur, quod nullam malam causam habuit ut fieret. ita facti reus apud bonum iudicem scrupulo quaestionis liberatur, si nulla fuit ei ratio peccandi. nunc quoniam neque incantatam neque prostratam mulierem probauerunt et ego non nego petitu medici a me inspectam, dicam tibi, Maxime, cur illud de aurium tinnitu quaesierim, non tam purgandi mei gratia in ea re, quam tu iam praeiudicasti neque culpae neque crimini confinem, quam ut ne quid dignum auribus tuis et doctrinae tuae congruens reticuerim. dicam igitur quam breuissime potuero; etenim admonendus es mihi, non docendus.
 
traduzione
 
Inoltre avete detto che una donna di libera condizione, afflitta dallo stesso male di Tallo, mi fu condotta in casa, che io promisi di curarla e che anch'essa, incantata da me, cadde a terra. Evidentemente voi siete venuti ad accusare un lottatore, non un mago: quanti sono venuti da me, voi dite che sono caduti. Eppure a tua richiesta, Massimo, il medico Temisone, che mi aveva condotto la donna per un esame, dichiar? che io non feci altro che domandarle se qualche volta le ronzassero le orecchie e quale delle due maggiormente: e che essa, dopo aver detto che l'orecchia destra era molto inquieta, senz'altro si ritir?. E qui, Massimo, bench? mi astenga con ogni cura dal tuo elogio dinanzi al tribunale, per non aver l'aria di lusingarti nell'interesse della mia causa, pure non posso non lodare la tua accortezza nell'interrogare. Infatti, mentre si discuteva questo punto, e quelli dicevano incantata la donna e Temisone, che l'aveva assistita, lo negava, tu domandasti con straordinaria sagacit? quale profitto avevo ricavato da quell'incantesimo. Risposero: la caduta della donna. ?E dopo?? hai aggiunto, ?? morta?? Dissero che no. ?E allora ditemi, quale vantaggio avrebbe avuto Apuleio se fosse caduta?? Cos? opportunamente e con insistenza hai rinnovato tre volte la domanda, perch? sapevi che di tutti i fatti bisogna con diligenza esaminare e pi? spesso ricercare le cause, pur se si ammettono i fatti; e per questo gli avvocati si chiamano anche ?causidici?, perch? spiegano le cause di ciascun fatto. Negare un fatto ? cosa facile, e non ha bisogno di alcun avvocato. Ma dimostrare che il fatto ? giustificato o condannabile, qui ? la difficolt? e la fatica. ? inutile ricercare se il fatto sia avvenuto, quando non ci sia una intenzione colpevole. Cos? l'imputato del fatto, dinanzi a un buon giudice, ? liberato dalla inquietudine del processo, se non ha avuto nessuna ragione di male operare. Ora, giacch? essi non hanno provato che la donna sia stata da me incantata e gettata per terra, ed io non nego di averla, a richiesta del medico, esaminata, dir? a te, o Massimo, per quale ragione ho fatto quella domanda sul ronz?o dell'orecchio, non tanto per discolparmi di un fatto che gi? preventivamente hai giudicato n? colpevole n? incriminabile, quanto per non trascurare nulla che sia degno della tua attenzione e dottrina. Dir? pertanto, pi? brevemente che potr?, giacch? non ho nulla da insegnarti, soltanto qualcosa da ricordarti.
 

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